E qui cominciano le prime crisi. Perché comincio anche ad ascoltarmi e a capire, seppur confusamente che il mio vero desiderio era sì quello di lavorare tra i libri ma dall'altra parte. Cioè in una casa editrice. Il mio passaggio in libreria avrebbe dovuto essere una manovra di avvicinamento provvisoria. E poi, purtroppo è diventata definitiva. Ogni mio tentativo di uscire dal negozio si scontrava con il silenzio delle persone a cui chiedevo aiuto o con il loro presunto non poter far nulla per aiutarmi. Il mondo dell'editoria per me è stato una lunga sequenza di no grandi come muri. Invalicabili. Pensate che anche il buon Cerati, mitico presidente dell'Einaudi, ha sostenuto di non poter far nulla per farmi lavorare in una casa editrice. E non è che volessi fare chissà cosa. Disposta da sempre a fare qualunque tipo di lavoro e di gavetta. Niente. E il defunto Alessandro Gennari, scrittore e critico letterario, autore tra l'altro di un libro pubblicato con Einaudi insieme a De Andrè, si è aggiunto alla lista degli arrivati ma impotenti. Anche solo trovarmi un posto come correttrice di bozze era per lui impossibile. Eppure quando veniva in libreria chiedeva lo sconto e, in nome di non si sa quale amicizia, veniva sempre accontentato. È morto con tre libri pubblicati, uno da Garzanti, uno da Einaudi e uno da Piemme. Ricordo che pochi giorni dopo avergli chiesto un lavoretto come correttrice di bozze magari proprio alla Piemme ed essermi sentita dire che non c'era nessuna possibilità, vengo a sapere che quell'editore aveva fatto addirittura un annuncio sui giornali per assumere collaboratori. Io l'annuncio l'ho trovato troppo tardi. Anche quel treno era passato. Io continuo a spedire curricula, nessuna risposta o risposte tutte uguali. Mi dicono che bisogna avere delle conoscenze ma quelle che ho non servono. Non so ancora come ma, da sola, riesco a trovare un lavoro alla Giunti Multimedia. Si tratta di scrivere una serie di guide alle città rivolte agli studenti. Budget basso e informazioni mirate. Il tutto da pubblicare sotto forma di cd rom. Il lavoro mi piace, lo posso fare da casa secondo i miei ritmi. Quando finisco i vari moduli spedisco tutto via mail. Mi piace. Il mio lavoro viene apprezzato e pagato con ammirevole solerzia. Purtroppo era occasionale. Il mio interlocutore mi assicura che qualora avessero ancora bisogno chiameranno di sicuro me. Le cose andranno diversamente. Non li sento più fino a quando mi chiamano ma io ero appena stata assunta dalla Feltrinelli. In libreria ovviamente. E lavorando dieci ore e mezza al giorno in bottega ho dovuto dire no alla Giunti. Ma questo è un disordinato salto temporale. Prima della Feltrinelli è successo altro. Compreso un piccolo lavoro di correzione di bozze, trovato sempre da sola, presso l'editore SE. Trovato, fatto, pagato e finito. Ma torniamo in libreria. Lasciata l'Einaudi sta per arrivare la Garzanti.
Siccome continuo ad essere una stupida illusa, che ha visto troppi film e letto troppi libri, non riesco ad impedirmi di immaginare questa evoluzione: un editore legge il mio blog e decide di offrirmi qualche lavoretto; un altro mi propone di pubblicare le mie esperienze in libreria. Siamo onesti: chi non ha mai sperato che un blog possa funzionare anche come agenzia di collocamento? Perché rendere pubblico qualcosa se non si spera, in fondo, di ricavarne qualcosa? Davvero solo un nobile e non richiesto spirito di condivisione? Ma andiamo. Allora anch'io, nei giorni in cui non lavoro in negozio, mi prefiguro speranze e radiosi futuri. Alibi per i giorni in libreria aspettando solo che passino. Tra libri inutili e clienti che, senza altra colpa che quella di essere clienti, sono diventati solo un'intrusione nel mio spazio vitale, sogno una scena madre in cui dopo un urlo abominevole me ne vado. Prendo il mio treno per la Tuscia e faccio i lavori che mi piacciono. E riavvolgo i libri di quell'amore che non ho mai perso per loro ma che è stato offuscato da quel contorno commerciale che non mi appartiene più.
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