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martedì 31 agosto 2010

Una rete di qualità

Ieri ho inviato una mail ad alcuni editori piccoli e di qualità per far loro questa proposta: una serie di presentazioni e serate di lettura dei loro testi nella mia libreria Il Trittico e di intitolare questa iniziativa "Il Trittico con i piccoli editori". Sull'onda delle riflessioni che sto facendo negli ultimi giorni vorrei trovare il modo di creare una rete di voci alternative, nei contenuti e nei modi di comunicare. Non si tratta di entrare nel circolo vizioso della competizione. Noi, come piccola libreria non siamo in competizione con i grandi gruppi e i piccoli editori non sono in competizione con i colossi dell'editoria. Si tratta di cercare percorsi diversi, di districarsi attraverso logiche di mercato che oscurano, con la loro massiccia ombra,  proposte e progetti centrifughi rispetto al solito. Essere piccoli può non essere uno svantaggio se vuol dire diventare dinamici, flessibili e più efficaci nel muoversi. Nessuno di noi può permettersi passaggi televisivi, interviste blasonate e posti privilegiati nelle stanze che contano. Vogliamo provarci?

Piccoli editori: andiamo avanti a parlarne?

Sono contenta che i miei due precedenti post abbiano avuto qualche riscontro. Devo dire che fare i librai diviene ogni giorno di più un esercizio di ricerca di senso. Interrogarsi su cosa si sta vendendo non è più una domanda oziosa. Straripa dalle pieghe di un disagio che, almeno per quanto mi riguarda, sta diventando ogni giorno più incontenibile. Troppo marketing, troppi conti da far quadrare, troppe legiche commerciali slegate dal senso etico di questo mestiere. Il problema della visibilità sta diventando troppo preponderante in un mondo che dovrebbe essere più portato, per sensibilità e predisposizione, ad una valorizzazione dei contenuti. Un baraccone pieno di parole vuote o, al massimo, piene di niente. Però penso anche che, come si augura Vila Matas, si riesca ad uscire dalla logica del best seller anche grazie a lettori più attenti. Forse è come parlare del sesso degli angeli, ma la gente legge quello che trova e l'editoria (nella maggior parte dei casi) anestetizza le capacità critiche. È altrettanto vero e triste che questi due elementi viaggiano in una colpevole complicità. E, come diceva la Yourcenar nel suo meraviglioso Memorie di Adriano "Non c'è niente di più volgare dei nostri complici"

lunedì 30 agosto 2010

Piccoli è bello

Nel post di ieri segnalavo alcune case editrici piccole e di gran valore. Case editrici che combattono ad armi impari con i colossi. Hanno, spesso, come principale canale comunicativo internet con tutte le sue potenzialità. Devo ammettere però che fare la libraia e non avere mai trovato un rappresentante che me ne parlasse in modo poco più che affrettato e frettoloso un po' mi inquieta. Mi pongo sempre più domande su cosa voglia dire fare i librai e su cosa sia l'editoria in questo paese. Comunque oggi vorrei segnalare altri editori di cui mi piacerebbe riempire gli scaffali di questa mia libreria virtuale. Cominciamo con Edizioni della Sera, giovane ed intraprendente casa editrice romana. Date poi un'occhiata ai siti di Neo edizioni e Gaffi e sfogliate i loro cataloghi. Un po' d'aria fresca signori!

domenica 29 agosto 2010

Fino a quando c'è buona editoria c'è speranza

Questa mattina stavo consultando i cataloghi on line di alcune case editrici. Questo lavoro mi serve per alcuni progetti editoriali e librari che vorrei realizzare nei prossimi mesi. Devo dire che ho avuto delle bellissime sorprese. Ci sono, in Italia, case editrici davvero ottime, innovatrici, vivaci. Che fanno davvero ricerca, che fanno davvero lavoro editoriale. Purtroppo sono oscurate dallo strapotere mediatico dei così detti grandi. Io vi consiglio con molto entusiasmo di consultare il link delle prime tre che ho visionato oggi. La prima è la casa editrice Las Vegas. Potete scaricare alcune pagine dei libri in catalogo. La stessa cosa potete farla consultando il catalogo di Transeuropa casa editrice di tondelliana memoria. E poi fate un giro tra le pagine web di Galaad Edizioni. Io sono emozionata dalle scoperte letterarie fatte fino a questo momento. Nei prossimi giorni altre indicazioni su altri giacimenti di letteratura di qualità.

giovedì 26 agosto 2010

Recensioni e neurolinguistica

Alcuni miei articoli pubblicati sul sito della Palestra della scrittura. Un laboratorio in continua ricerca, una rete di collaboratori che studiano, lavorano e si allenano sul ring della parola e della comunicazione.
Questo un articolo su un libro molto interessante e cioé Un matematico legge i giornali. Credo sia sempre più importante leggere le notizie stando sempre vigili e attenti al modo in cui ci vengono propinate.
 Poi vorrei proporvi un altro articolo che mi è stato ispirato dalla lettura di quello che, per me, è il capolavoro di Emmanuel Carrere. Si tratta di Romanzo russo, pubblicato qualche mese fa da Einaudi. Non sono già più considerate novità editoriali (i mesi nell'editoria ormai hanno valore di anni) ma io vi consiglio di procurarveli e leggerli

mercoledì 25 agosto 2010

Viaggio per librerie

Il mio viaggio per librerie prosegue disordinato, come la mia vita. Dovevano essere librerie europee e invece eccomi già di ritorno in Italia. Perché considerare solo l'estero? Allora torniamo un attimo a casa e andiamo a Viterbo. La Libreria del Teatro per me è stata una bella scoperta. Ci sono affezionata. Per tanti motivi

Alcune mie passate recensioni

 Di questo libro, secondo me, non si è parlato abbastanza. Peccato


Gianni Canova è uomo di cinema e studioso di immagini; anche non conoscendo la sua specificità professionale, lo si sarebbe intuito leggendo il suo esordio letterario. Palpebre è una spietata lettura del mondo contemporaneo mascherata da thriller. Un libro duro, estremo, a tratti violento. Ma di una violenza non gratuita. Semmai inestricabile e funzionale alla storia. Un viaggio in quelle zone poco illuminate dell'animo e che solo uno sforzo di onestà intellettuale può portare a farci ammettere non essere estranee a nessuno di noi. Guardare, essere guardati, deformare il corpo fino all'estremo sono gli agganci narrativi che Canova utilizza per raccontarci altro.

Giovanni Vigo, giornalista e studioso di Dante, si trova coinvolto in una storia al limite del grottesco se non fosse così straniante e spaventosa. Uno sguardo non dato a una bellissima sconosciuta diventa una pericolosa ossessione. Inizia un'indagine aiutato dall'amico Simmel, giornalista di Radio Popolare. Si troveranno così immersi in una vicenda di video estremi e orrendi omicidi.

La trama di per sé non regala niente di nuovo se non fosse per la costruzione perfetta e per l'immediata sensazione che ci sia dell'altro. Canova conosce molto bene il cinema e costruisce un romanzo che, non a caso, si guarda più che leggerlo. E questo penso sia il più sottile espediente interpretativo oltre che narrativo dell'autore. Come se avesse voluto usare un eccesso visivo proprio per metterci in guardia dall'eccesso stesso.

I tempi, i dialoghi si susseguono con maestria portandoci all'interno di un meccanismo più che di una storia. E questo credo sia un elemento di estremo interesse in questo libro. Un meccanismo, antico e attualissimo insieme, non estraneo ai feroci e violenti dipinti del Caravaggio o alla pratica della cucitura delle ciglia di cui parlava Dante. Inserti colti che l'autore mette tra le pagine proprio come fossero altri fotogrammi in un continuum filmico cartaceo. Insisto su questo elemento perché la cifra del libro ritengo sia esattamente questa. Fino a che punto si è disposti ad arrivare prima di avvertire come intollerabile ciò che si sta guardando? Quando un'immagine diventa così violenta da indurci a chiudere gli occhi? E quando e come, purtroppo, un'immagine mostruosa diventa così eccitante da incollare il nostro sguardo ad essa fino a farla diventare una cosa normale?

Non a caso il libro si svolge in uno spazio temporale molto breve che ha come sfondo la visione del film di Tarantino Kill Bill (scelta non casuale), le immagini delle decapitazioni degli ostaggi occidentali durante la guerra in Iraq e le trasmissioni televisive tanto più volgari e violente quanto più "dolcemente" pericolose nella loro "normalità". Il messaggio che viene suggerito in questo testo è proprio la valenza politica di ciò che si guarda e del modo in cui lo si fa. Quando subentra una sorta di assuefazione che spinge a voler guardare qualcosa di ancora più orribile vuol dire che il virus della complicità è già in circolo.

Allora il piacere anche sessuale di guardare un corpo mostruoso (nel senso etimologico del termine) entra a far parte di un meccanismo che spinge troppo al di fuori di noi la nostra capacità di critica. Da qui la pratica di cucire le ciglia, di cui parlava Dante, per punire chi non si era guardato abbastanza dentro. Occhi, sguardi, visione, televisione; tutto sembra concorrere a sopire i cervelli.
Non per nulla ho iniziato dicendo che questo libro sembra essere un pamphlet sotto forma di romanzo. Un messaggio altro veicolato da immagini più immediatamente fruibili. E forse è proprio a questo meccanismo che l'autore suggerisce di prestare attenzione. Perché il guardare non è mai un atto neutro. Nell'estetica c'è sempre un'etica. Nelle immagini che spesso sembrano fatte apposta per portare a una visione standardizzata e becera, unica e senza sussulti di coscienza, si cela spesso un messaggio subliminale. Se da questo è difficile sfuggire, proprio perché subliminale, è bene però esserne almeno consapevoli.

Da questo pericolo non è esente neanche il sesso. L'elemento che più dovrebbe renderci unici, innalzarci per un istante al di sopra dell' uniformità, diviene parte di un ingranaggio consumistico. Come se anche il sesso guardasse e volesse essere guardato: senza essere davvero visto.

 Un altro meccanismo su cui vorrei soffermarmi è proprio la reiterazione delle immagini. Questo libro è ovviamente composto da tante vicende, dettagli, particolari. Eppure, dopo averlo letto, sembra che attaccate al ricordo rimangano solo le impressioni di rocambolesco e quindi quasi ironico cinismo. Come ad un certo punto del film Kill Bill veniva quasi da ridere davanti a tanta violenza sopra le righe, così in questo libro viene la tentazione di relegare il tutto dietro un ghigno distaccato.

Questo è il potere pericoloso delle immagini. Tanto più vengono guardate quanto più diventano un supporto imprescindibile per vivere anche ciò che di immagini potrebbe fare a meno. Per lo meno di immagini indotte, che diventano una sorta di immagini autoreferenziali. Credo che Canova abbia davvero colto nel segno scrivendo un libro che potrebbe avere, come equivalente cinematografico, un film che narri la storia della preparazione di un film. O una trasmissione televisiva il cui plot sia il dietro le quinte della realizzazione di una trasmissione televisiva. Immagini che vivono e si nutrono di sé stesse e di sguardi conniventi e passivi.

Questo testo potrebbe essere tenuto accanto ad altri libri, come suggestione dopo che si è visitata una mostra, dopo essere stati al cinema, davanti alla televisione. Il tarlo del dubbio che insinua è trasversale e interdisciplinare. Tutto ciò che richiede, nella fruizione, una percentuale più o meno preponderante di visione dovrebbe tenere conto di un modo di guardare diverso. Un modo che lasci spazio alla coscienza critica e che non diventi solo un enorme occhio che tutto tiene sotto controllo per non vedere ciò che sempre interroga se lo si guarda davvero.
Non sembri troppo forzato ritenere che ciò che si guarda non sia esente dalle storture consumistiche.

Alcune mie recensioni

Approfitto per consigliarvi la lettura di questo blog Sul Romanzo, perché è molto interessante, molto ben fatto e poi ci scrivo anch'io. Da qualche mese il blog è diventato anche una rivista bimestrale. Per chi non lo conoscesse ripropongo alcune delle mie recensioni pubblicate nei mesi scorsi. Mi concedo un pizzico di autocelebrazione. Buona lettura

Il viaggio del signor Raminet. Daniel Rocher. Edizioni Barbes

La potenza della letteratura non risiede tanto nell'inaudito di ciò che racconta, ma nel modo in cui lo fa. E questo libro ne è l'ulteriore dimostrazione. Non c'è niente di nuovo nel raccontare una vita tranquilla, apparentemente monotona, sconvolta da un incontro che apre le finestre a correnti d'aria impreviste. Ma questo signor Raminet continua a farci compagnia per un po' dopo averlo conosciuto. Anziano professore di diritto, giunto alla pensione, compra la sua prima macchina e parte per la Bretagna, sua terra d'origine. Strada facendo incontrerà una giovane e vitale autostoppista americana e, inaspettatamente anche per lui, si unirà a lei in un viaggio di scoperta, e riscoperta, della vita. Il signor Raminet ha uno sguardo sul mondo gentile e timido, difeso con leggerezza ed eleganza da un linguaggio d'altri tempi. Come se il suo modo di parlare lo mettesse al riparo da pericolose contaminazione linguistiche ed esistenziali. Ma dal momento che la vita sembra spesso avere un percorso autonomo dalle nostre intenzioni, il professore avrà modo di accorgersi che gli incontri, quelli riusciti, non hanno bisogno di difese. Ci si accoglie reciprocamente, ci si cambia senza violenza, ci si regalano parole nuove e diverse. Jane, la giovane americana, non è solo bella, ha una risata calda e viva e una curiosità per cose e persone su cui naviga con leggerezza. Felix Raminet si sente riconosciuto, in qualche modo, da questa giovane donna, prova la nuova sensazione di non dover giustificare la sua età e il suo modo di esprimersi, la sua timidezza e il suo andare in confusione come un ragazzino. Dopo una vita di obblighi e orari rigidi e sempre uguali l'anziano professore sente con naturalezza l'esigenza di movimento fisico ed esistenziale e il viaggio in macchina comincia con un prudente rodaggio di entrambi. In fondo sono ambedue nuovi sulla strada e la velocità deve essere controllata. Ma un percorso lento e nella corsia più a destra non impedisce di proseguire qualcosa che non si può fermare. Teneri ed esilaranti gli incontri che arrivano così, non cercati. I poliziotti che lo redarguiscono perché si è addormentato lungo il ciglio dell'autostrada, diventano per lui un dispositivo di parola, un'occasione di scambio. Poco importa che lui attribuisca loro intenzioni amichevoli e affettuose che essi non hanno. La sua delicatezza non riesce a lasciare immutati coloro che incontra. E lui stesso, attraverso gli incontri, scopre in sé forze e risorse sopite sotto strati di polvere. Si potrebbe dire che nella vita di Raminet abbia fatto, finalmente, la sua comparsa il malinteso, l'equivoco, a rendere impossibile che cose, parole e persone coincidano in una trama  prevedibile. E così diventa possibile che un professore anziano divenga interlocutore prezioso e nuovo per una ragazza poco più che ventenne. Sì, perché anche per Jane quest'uomo rappresenta un'occasione per venire spiazzata. Spiazzata non dalla mancanza di desiderio che lei vede negli occhi di Felix (suvvia niente bigottismi) ma dalla leggerezza con cui lui riesce a tenere confinato, per un po', questo desiderio nei più rassicuranti territori della galanteria. Viaggiano fianco a fianco raccontandosi con tranquillità senza il peso di banali aspettative. Il professore, che è tornato in Bretagna per trovare parenti e amici sente l'aria frizzante che si respira quando ci si presenta loro con una sorpresa. Jane lo è ma non nel senso di essere un oggettino carino e molto poco assomigliante all'immagine di Felix che tutti hanno. E' una sorpresa per Felix per primo che, in fondo non sente l'esigenza di spiegare più di tanto come si siano conosciuti e perché stiano viaggiando insieme. Questa è la novità nella vita del protagonista, questo sentirsi a posto con ciò che gli sta attorno. Talmente a posto che persone e cose del passato non vengono vissute come qualcosa da recuperare necessariamente ma come tappe di un percorso. Niente di più e niente di meno. L'anziano professore si scopre tutt'altro che inerme, il suo cuore torna a vivere e lo fa anche il suo corpo. Certo, ci sarà anche una notte d'amore con Jane, una sola, tutt'altro che banale e scontata. Proprio perché per entrambi è anche un incontro di corpi, perché no? Felix si ritrova dopo i baci e le carezze, senza fiato. Ed è proprio una sensazione fisica quella che prevale, non inutilmente ammantata da una nobiltà pelosa e ipocrita. La nobiltà è proprio in ciò che questa notte ha rappresentato e cioè un pensiero che torna a muoversi grazie a un corpo che ha cominciato a farlo. Perché no? Il viaggio da Parigi alla Bretagna non è un viaggio a ritroso proprio per questo, non offre origini a cui tornare ma sguardi inediti su cose che Felix credeva di sapere. Se devo fare un appunto a questo libro riguarda la traduzione. E dispiace perché Barbes è una casa editrice di qualità e coraggiosa

martedì 24 agosto 2010

Il giro del mondo in libreria

Restiamo in area anglofona ma torniamo un attimo nella vecchia Europa. Questa è una libreria in Grafton Street, la via principale di Dublino. Una libreria dalla lunga storia. Niente di romanticamente polveroso. Ma visiteremo anche botteghe di quel tipo. Qui entriamo alla Dubray Books tappa obbligata per gli amanti del libro in visita nella capitale irlandese. L'Irlanda comunque ci offrirà molte chicche da visitare. per ora buona visione

lunedì 23 agosto 2010

Comincia il viaggio

St Mark Bookshoop http://www.stmarksbookshop.com/welcome-st-marks-bookshop libreria di New York in cui, senza rendermene conto, ho trascorso quasi tre ore. La cosa che ho trovato insolita, almeno rispetto alle librerie italiane, è stato il fatto di incontrare all'ingresso i libri di saggistica e non di narrativa. Credo che questo la dica lunga su cosa voglia dire fare il libraio a New York. Poche pile di libri, la maggior parte singole copie a scaffale. Buona visione

L'assaggiatrice

                                                       L'assaggiatrice

Giuseppina Torregrossa sa scrivere e, molto probabilmente sa cucinare. Le due cose vanno di pari passo nelle parole appassionate di questa donna. Sì, c'è sole, caldo, passione e corpo in questo racconto lungo e nelle ricette che ne fanno da sfondo. Si potrebbe dire anche il contrario e cioè che il racconto fa da sfondo alle ricette. Non è così facile districare il piacere che danno le une e le altre.

La protagonista, abbandonata dal marito, non si perde d'animo. Apre una bottega nel suo paese e comincia a nutrire la sua e le altrui bocche di cibo e baci. Impasta, taglia, condisce le pietanze con la stessa foga vitale usata per amare i corpi degli uomini. C'è profumo di sud e di donna in ciascuna pagina di questo libro. Il riverbero di una calda giornata di sole esce dalla carta e arriva al palato prima che agli occhi.

Mentre lo si legge sembra quasi di ritrovarsi le mani pregne di verdure e olio, profumi e spezie. La donna muove il suo corpo al ritmo delle braccia che impastano e al ritmo del sesso che riscopre nell'abbandono. La sua bottega diviene un punto di incontro, chiacchiere, ristoro e carnalità. Attorno a lei un paese con personaggi più veri del vero, sguardi avvolgenti come un corpo sudato, come un vino fresco e consolatorio.

Sesso e cibo, cibo e sesso. Gioia, gioco e gusto. Cosa è del resto la cucina? Cosa è del resto la letteratura? Le ricette descritte, suggerite e raccontate hanno la grazia della bellezza improvvisa. Esattamente come quella di una bella pagina. I sensi coinvolti sono sempre quelli, molto più fisici di quanto non sembri.

Qualcosa di diverso da un libro di narrativa e di diverso da un libro di cucina. La Torregrossa compie la magia di avvolgere il cibo in una narrazione e la narrazione in un continuo assaggio. Cibo e letteratura sono molto più vicini di quanto uno snobistico purismo potrebbe far credere. Leggete questo libro e provate a cucinare le ricette che vi racconta. Fatelo immaginando questa donna morbida e sensuale che tratta il cibo come fonte di vita e di storie. E poi, mentre cucinate raccontatevi delle storie. E sentite il vostro corpo. Questo, in fondo, è il messaggio più potente del libro.
Buon appetito

domenica 22 agosto 2010

La mia libreria

Mi piacerebbe che entraste in questa libreria Il trittico visto che è la mia. Se volete passare a trovarmi (anche solo virtualmente) ne sarò ben contenta. Se poi volete telefonarmi o scrivermi lo sarò ancora di più. Una bella chiacchierata non ha prezzo. Anche se poi, magari per la distanza, dovrete acquistare i vostri libri altrove io sarò ben contenta lo stesso. In fondo sono "solo" ventiquattro anni che faccio la consulente libresca. Ho scritto che prossimamente sul blog avrei fatto con voi il giro di alcune librerie europee che ho particolarmente amato, librerie in cui gli occhi mi sono rimasti impigliati agli scaffali. Questo giro non poteva non cominciare da qui.

sabato 21 agosto 2010

Niente cambia

Concedetemi un piccolo gesto di autoreferenzialità. Ripropongo ora un articolo pubblicato mesi fa sul blog Bookavenue riguardante la crisi delle librerie indipendenti. In quei mesi la chiusura di alcune librerie storiche aveva suscitato un certo clamore. Credo che, non solo non sia cambiato nulla nel frattempo, in compenso non se ne parla già più.

Lettera aperta di una libraia leggermente stanca

Mai come in questo ultimo periodo si sente parlare di crisi dell'editoria, di librerie che chiudono. Ha fatto scalpore, dando inizio al dibattito, la chiusura a Milano della storica libreria di Porta Romana. Da lì si è cominciato a parlare di librerie indipendenti schiacciate dai costi insostenibili, di gestione e affitti. Curioso che in un paese di non lettori ci si sia accorti all'improvviso di cosa voglia dire fare i librai. Cercherò di chiarire, soprattutto a me stessa, di cosa si sta parlando. Perché, a volte, ho la sensazione di trovarmi in una situazione ipocrita e mistificante. Come quando un anziano pone fine ai suoi giorni distrutto dalla solitudine e i parenti, che mai sono andati a trovarlo, piangono calde lacrime e vomitano parole di rimpianto. Intanto vediamo di capire cosa significa librerie indipendenti. Tecnicamente sono quelle librerie che non appartengono ai grandi gruppi editoriali. Nella sostanza sono quelle librerie che, proprio per questo, di indipendente non hanno proprio nulla. A partire da una politica di acquisti spesso sconsiderata per un malinteso senso di commercio e quindi di do ut des. E qui cominciano le dolenti note. Il vittimismo spesso nasconde una straordinaria incapacità imprenditoriale da parte degli stessi librai. Non di tutti per carità. Però è innegabile che, nel corso degli anni, noi librai per primi, abbiamo spesso consentito che editori e promotori comandassero in casa nostra. E il problema è diventato strutturale, non solo di scontistica. Succede che quando ci si crede più deboli dell'interlocutore si sia portati a ritenersi ricattabili. Certo lo sconto ha contribuito non poco a creare una situazione di sofferenza finanziare per molte librerie, ma spesso è diventato un comodo, per quanto comprensibile alibi, per non parlare di altri problemi. Uno su tutti è stato quello di considerare le librerie come magazzini degli editori. Obiettivi economici studiati a tavolino, con criteri di marketing spesso slegati dalle effettive capacità di assorbimento delle librerie, hanno portato editori e società di promozione a caricare i negozi di quantitò di libri assolutamente ridicole. Finendo con il creare un mercato dopato da cifre non corrispondenti all'effettivo giro d'affari. Il tutto aggravato da tempi di accredito delle rese decisamente lunghissimi e una conseguente esposizione bancaria da parte delle librerie troppo impegnativa. In Italia manca una seria e costruttiva sinergia tra editori e librerie come accade, per esempio, in Germania. L'editore fa i suoi piani di vendita, si affida alla promozione che, a sua volta, fa un badget. Quando la filiera arriva alla libreria questa si trova già, fisiologicamente, a dover farsi carico del piano marketing di due soggetti a lei estranei. Parlo per esperienza diretta. Per qualche tempo ho fatto la venditrice per un gruppo promozionale. Ci dicevano quali erano le previsioni di vendita dell'editore. Ad ogni libreria veniva abbinato un certo numero di copie. Se il libraio ne ordinava meno del previsto, l'obiettivo veniva raggiunto con un bell'invio d'ufficio. Così il libraio che ne aveva ordinate solo due, per esempio, se ne vedeva arrivare cinque. Le metteva subito in resa ma l'accredito, ovviamente, arrivava successivamente alla fattura relativa a quella fornitura. Cornuti e mazziati dunque. Questo accadeva e non era certo un'eccezione nella politica di vendita. A parte tutte le altre considerazioni viene anche spontaneo chiedersi a cosa servano i promotori. So che sto dicendo parole grosse ma davvero spesso, non sempre ovvio, alcuni di loro finiscono con il diventare dei semplici collettori di ordini. Girano con i loro copertinari relativi a libri di cui spesso non sono neanche riusciti a conoscere il contenuto. Il tutto che ricadute ha? Una catena di operatori e figure intermedie che certo non snelliscono i costi. Ci sono delle lodevoli eccezioni. Ed è bene sottolinearlo. Alcuni di questi promotori sono davvero dei preziosi interlocutori per noi librai ma, molti diventano, loro malgrado, dei semplici esecutori di strategie decise a tavolino da signori che della libreria non sanno molto. Ho letto in questi giorni sul blog di Sul Romanzo un post in cui si parlava di legittima esigenza del consumatore al risparmio. Ma i prezzi di copertina chi li fa? I librai o gli editori. E gli aggiornamenti di prezzo che settimanalmente arrivano per mail? Libri il cui prezzo aumenta di 1, 1.50, o anche 2 euro in una volta? E non si tratta di nuove edizioni, con nuove traduzioni o almeno nuove introduzioni. No no. Sono gli stessi libri. Molti di questi sono tascabili. I così detti "economici". Che arrivano a costare anche 13 o 14 euro. Economici? Tanto la faccia la mette il libraio che poi si sente chiedere (non sempre gentilmente) dal cliente alla cassa "mi fa lo sconto?" Se c'è una legittima esigenza di risparmio per i consumatori, c'è anche una legittima esigenza dei librai di essere considerati dei professionisti. E non sempre accade. Se alcuni clienti delle librerie che hanno chiuso non avessero fatto dello sconto l'unico motivo per frequentarle magari alcune di quelle librerie sarebbero ancora aperte. Magari no, ma magari sì. Per questo dico che lo sconto che un editore fa al libraio può essere un problema ma non è certo il più grande. Certo se la libreria funziona accade che si riescano a contrattare condizioni di pagamento (sconto e tempi di fatturazione) migliori. Ma spesso è un serpente che si morde la coda. In più è un continuo sentirsi sollecitati a fare ordini superiori a un certo importo per avere allungamenti di pagamento. Improvvisamente editori e promotori diventano generosi con noi librai? O non sanno più come svuotare i loro magazzini? Allora di cosa parliamo quando si parla di crisi delle librerie? Grazie dell'attenzione
Geraldine Meyer

Fotografia e narrazione




Ringrazio Unica oltre, uno dei contatti più interessanti su Facebook per avermi consentito di pubblicare queste foto. Sono solo alcune delle immagini che potete trovare sul suo profilo. Perché le trovo interessanti? Perché credo siano un esempio di narrazione per immagini. La fotografia allena al punto di vista sempre diverso. Le storie, se si vuole, possono fare altrettanto: raccontare da diversi punti di vista. Quante storie si potrebbero scrivere sull'onda dello sguardo da cui arrivano queste immagini. Sollecitazioni, riflessioni, punti di vista appunto.

La letteratura del NO


Straordinario testo su quegli scrittori che, ad un certo punto della loro vita, hanno deciso di eclissarsi, di sottrarsi al mondo. Forse troppo ricchi di una severa coscienza letteraria hanno addirittura smesso di scrivere. Una straordinaria riflessione sul silenzio, su una ricerca impossibile della parola perfetta e definitiva. Ma, come il primo assioma della comunicazione insegna, e cioé che è impossibile non comunicare, forse anche il bisogno di sparire è un modo di esserci. Apparentemente più discreto. Forse più presente del presente. Da dove arrivano le parole, le storie, le immagini che divengono libri? Forse chiunque si cimenti con la tortura della scrittura si trova a trascrivere un dettato interiore. Un testo davvero indispensabile per riflettere sull'ossessione di apparire e pubblicare. Ad ogni costo

venerdì 20 agosto 2010


Continua il viaggio nella neurolinguistica e nelle neuroscienze. Uno dei testi più importanti, da leggere assolutamente. Gardner ci guida alla scoperta della sua teoria delle intelligenze multiple per parlare di apprendimento, creatività e molto altro. Per me materia di lavoro e studio per i corsi che sto preparando. Il concetto di formazione permanente non è una vuota formuletta ma un percorso continuo di aggiornamento e lettura. http://www.apprendimentocooperativo.it/?ida=10642 Vi segnalo questo sito con relativo articolo dedicato a questo libro.
Si ricomincia

Dopo alcuni mesi di assenza dalla rete, o almeno da questo blog, rieccomi. Sono accadute molte cose. Alcuni progetti si sono arenati e altri continuano a prendere una forma sempre più strutturata. In questi mesi ho continuato a studiare e a scrivere, a seguire lezioni in aula e a stendere programmi lavorativi. Si parte con un fine settimana di lavoro, il 4 e 5 settembre. In Toscana, con gli amici della Palestra della scrittura ci riuniremo per una riunione editoriale. Sul tavolo la lettura e l'editing dei primi cinque testi che ci vedranno esordire come editori. Nel frattempo ha preso inizio una serie di lezioni on line su romanzo e pnl. Per saperne di più potete seguire l'iniziativa sul blog Sul Romanzo. Con gli amici del Giardino dei viandanti sto mettendo a punto una serie di lezioni su scrittura efficace e web writing. Insomma gli impegni ci sono. E la volontà di portarli a termine anche. Un autunno scoppiettante ammicca da questa strana estate, non molto serena per la verità. Ma andiamo avanti. La libreria e le altre attività editoriali e di formazione devono proseguire in modo costruttivo. Ben ritrovati