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lunedì 1 novembre 2010

Il mattino ha un libro in mano

Questa mattina mi sono svegliata alle cinque e mezza. Mi succede spesso quando sono contenta e ogni istante mi sembra un boccone appetitoso da gustare con voracità. Sono nella Tuscia, questa zona bellissima dell'alto Lazio e sono a casa della mia compagna. Piccoli frammenti di quitidianità, caffè, chiacchiere oziose e lente. I particolari assumono un'importanza dilatata dalla lentezza dei gesti. Il gatto sulla finestra, la mia compagna che si prepara un decotto alla salvia, la bottiglia di acqua sul tavolino, il tabacco, la sigaretta che si consuma lenta tra le dita. Attimi che si amplificano con una scia di sensualità. E la testa viaggia, pensa, fantastica in un tempo dilatato e fluido. C'è qualcosa di eccitante in tutto questo, quasi di fisico. Come se fossi calata in una sensazione di possibilità infinita. Respiro. E per contrasto mi vengono in mente alcuni momenti in libreria durante i quali mi sento come un criceto sulla ruota: l'illusione del movimento che si arrotola su sé stesso, che non ti fa fare neanche un passo. Allora guardo fuori dalla vetrina, cammino nervosa, evito i clienti e sfoglio un libro. Poi lo ripongo nello scaffale e ne prendo un altro. Cerco appigli tra le parole, una scialuppa di salvataggio all'inqietudine di essere dove non voglio. La libreria come gabbia. Sono brutti quei momenti. Cerco un disperato aiuto tra le pagine, lancio un urlo silenzioso a quei piccoli caratteri d'inchiostro stampati su carta. Ma ora, qui è tutto diverso. Mi lascio attraversare dal sentimento di carnalità che mi lega sempre più ai libri e sempre meno alle persone che entrano in libreria. Scarnificata, ridotta all'osso la mia voglia di relazionarmi con i clienti sento aumentare il bisogno fisico di libri. Un bacio alla mia compagna si mescola al mio naso affondato tra le pagine. E i pezzi sembrano tornare al loro posto.

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