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giovedì 15 aprile 2010

Il mestiere del libraio

Per chi non avesse letto il mio articolo pubblicato dalla webzine del blog Sul Romanzo, lo ripropongo qui. Però leggete questa rivista perché è un prodotto davvero interessante. Tra pochi giorni, in rete, il secondo numero


Ho cominciato a fare la libraia ventidue anni fa. Tanti, pochi. Non saprei dirlo con precisione. In questo sono molto bergsoniana e ho una concezione del tempo variabile a seconda dei momenti, delle prospettive, degli stati d'animo e dei frangenti professionali che mi trovo a vivere. Non vorrei tediarvi con la storia del mio percorso, solo testimoniare una vita fatta di libri, di librerie. Einaudi, Garzanti, Feltrinelli sono solo alcune delle tappe di una geografia libraria che mi ha portata, nel 2006, ad affrontare l'avventura imprenditoriale e a mettermi in società nella gestione di una libreria mia: Il Trittico, a Milano. Ripercorrere questo itineraio amplifica il tempo trascorso tra gli scaffali se lo guardo dalla prospettiva degli incontri fatti, delle esperienze vissute e dell'evoluzione lavorativa che questo mestiere ha fatto registrare. Ogni libreria ha rappresentato un mattoncino in questa costruzione professionale ma, non potendo parlare di ciascuna di loro, vorrei concentrare le mie riflessioni su una in particolare: la Feltrinelli di Via Manzoni a Milano. Questa piccola grande libreria ha rappresentato per me qualcosa di speciale e unico nella mia storia professionale. Non si tratta di disconoscere l'importanza delle altre botteghe in cui ho avuto la fortuna di lavorare ma di ammettere che questa libreria mi ha lasciato addosso le cose più importanti che ho imparato. Sono arrivata in Feltrinelli nel marzo del 1999 e questa data, scritta così, nero su bianco, si staglia ora davanti a me come qualcosa di lontano. Eppure presente. Si lavorava in modo artigianale e molto rigoroso affrontando una gavetta che oggi, troppo spesso, non si fa più. Quello del libraio è un mestiere che si impara sul campo. Edison diceva che un lavoro fatto bene, di qualsiasi cosa si tratti, è fatto dall'1% di ispirazione e dal 99% di traspirazione. Nel senso fisico del termine. E' fatto di fatica. Questo tanto per sgomberare il campo dalla mistificazione che troppo spesso circonda questo mestiere e porta ad ascoltare opinioni sul lavoro del libraio che fanno rabbrividire. Allora si cominciava con il lavorare per qualche mese in magazzino. Tra pesanti colli da ricevere, bolle da controllare, libri da sistemare sul bancone, si prendeva una sorta di confidenza fisica con l'oggetto libro. E si imparava a valutare l'importanza del controllo del flusso dei libri dal magazzino alla libreria. Non tutti i momenti erano buoni per far arrivare ai librai la merce ricevuta e lavorata. In magazzino si controllava che il prezzo segnato sulla bolla corrispondesse a quello di copertina. Un lavoro che ora sembra superfluo. Infatti non si contano i libri che arrivano alla cassa con discrepanze in tal senso. E uno dei primi concetti che si impregnavano nella testa era quello dell'umiltà. Quando si aprivano i colli i libri venivano divisi per editore in modo tale che si spuntassero più o meno nello stesso ordine con cui erano registrati nella bolla. Anche questo sembra un lavoro superfluo. Invece consentiva di sapere subito se un libro era arrivato, senza andarlo a cercare a caso sotto una marea di altri suoi simili. E questa era un'altra lezione: non si lavora da soli ma tenendo conto delle dinamiche di gruppo. Il magazzino veniva considerato nevralgico per il funzionamento della libreria. C'è ancora qualcuno che insegna questo? Bene, dopo circa tre mesi di magazzino si passava in libreria. E qui si continuava con l'impostazione artigianale di cui parlavo prima. La giornata cominciava con lo straccio della polvere. Si spolveravano gli scaffali e i libri. Lavoro umile? Certo. Ma essenziale. Nel lavoro non bisogna focalizzare l'attenzione solo sull'immediato, sul gesto contingente che si sta compiendo. C'è sempre altro. In questo caso fare la polvere non era solo pulire. Significava prendere in mano i libri per sistemare lo scaffale, sfogliarli per capire se fossero posizionati nel giusto settore, decidere di metterli di faccia perché avessero una visibilità diversa. E si imparava a rendere vivo e dinamico uno scaffale. Ma sempre c'era un rapporto fisico con i libri. Bisognava toccarli, guardarli, prenderli in mano. Lo stesso avveniva con il sistema di schedatura e riordino. All'interno di ogni libro (o di una copia se si trattava di libri in numero superiore a uno per lo stesso titolo) c'era una scheda con la carta di identità del libro: autore, titolo, editore, giorno di uscita in libreria, numero di copie arrivate. Quando il libro arrivava alla cassa, la cassiera levava questa scheda e la riponeva in un cassetto. Ad un certo punto della giornata i librai raccoglievano le schede e iniziavano il lavoro di rifornimento. Le schede, che raccontavano la vita del libro costringevano ancora una volta a confrontarsi fisicamente con esso. Il libraio era costretto a girare per il negozio per guardare con gli occhi l'andamento delle vendite e decidere cosa fare di quella scheda: riordinare il libro o reinfilare la scheda in una delle copie di quel titolo. Certo ci si metteva forse qualche minuto in più, ma non si assisteva a storture come quelle odierne di un libraio che riordina i libri guardando solo lo schermo di un computer. Raccolte le schede si dividevano per distributore e si scrivevano i fax a mano. Capite cosa voleva dire, per la memoria bibliografica, scrivere ogni giorno titolo, autore, editore? A questo si aggiunga che, all'epoca, il computer veniva usato solo come banca dati. Non riportava le giacenze dei titoli e il loro settore. Questo implicava che una volta individuato il titolo era il libraio che doveva ricordarsi se quel libro era presente in libreria e dove. Non sono mai stata, per natura, incline a uno sguardo malinconico sul passato. ma forse, senza accorgermene lo sono diventata per ragioni anagrafiche. Lungi da me l'idea di criticare ogni aspetto di modernizzazione del mestiere del libraio. Le cose cambiano, si evolvono. I tempi si accelerano e ogni cosa sembra doversi adeguare a questo.Pensare che il mestiere del libraio potesse esimersi da questo sarebbe stato forse un po' patetico e anacronistico. Ma come tutte le persone che diventano adulte comincio a capire che i proverbi hanno più di un fondo di verità. E dire che "non bisogna buttare anche il bambino insieme all'acqua sporca" è per me qualcosa di più di una citazione popolare. Nel mio tentativo di rivalutare, forse inutilmente, metodi di lavoro non proprio aggiornati, e il farlo attraverso i proverbi c'è qualcosa di più. C'è il desiderio di non perdere, ammesso che ci sia mai stata, una cultura del mestiere. Un recupero anche solo come grido di aiuto di un elemento manuale imprescindibile per fare questo lavoro. Certo ci vogliono letture, tante, curiosità. Ma queste sono un valore aggiunto. Quando sento ragazzi che vogliono lavorare in libreria e portano come motivazione principale il fatto che amano leggere mi viene da urlare di rabbia. Perché, con il tempo e l'esperienza ho imparato a capire cosa c'è dietro questa affermazione. Detto questo una riflessione sui supporti tecnologici su cui oggi possiamo contare. Programmi informatici studiati apposta per la gestione della libreria sono una mano santa. Non sono così vetusta da osare azzardarlo. Sempre tenendo ben presente che questi mezzi sono solo un affiancamento alla professionalità. Non la sostituiscono. La aiutano e l'amplificano. Solo se questa professionalità c'è. Io dico sempre che un libraio imbecille davanti a un computer non diventa un bravo libraio. Resta un imbecille. Non è comunque un caso che il softwer migliore per la gestione sia Macbook, studiato e realizzato da librai. Credo che come prima puntata di questo viaggio nel lavoro di libraia possa bastare. Giusto per far capire di cosa si sta parlando
Geraldine Meyer

1 commento:

  1. Ciao Geraldine,
    sono Valentina, una studentessa di Ingegneria di Reggio Calabria.
    Ho letto con grande interesse vari articoli del tuo blog, su cui sono capitata per caso, cercando informazioni sul mestiere del libraio.

    Volevo parlarti della mia esperienza e chiederti qualche consiglio.
    Come ti ho detto, studio ingegneria, ma ho iniziato tardi avendo prima lavorato nell'azienda familiare - un bar - per alcuni anni. Inoltre più il tempo passa, più mi sto rendendo conto di aver sbagliato facoltà, avendola scelta solo per il ritorno economico che mi avrebbe garantito. In realtà, sono sempre stata portata per le materie umanistiche e letterarie. Non me la sento però di cambiare facoltà, essendo ormai un po' grande (ho 26 anni). Vorrei iniziare a lavorare e le mie prime opzioni, considerate le mie attitudini e le mie capacità, sono appunto le librerie, le biblioteche e eventualmente le case editrici.

    La mia idea era di cercare lavoro in entrambe le direzioni, sia nel settore della distribuzione, che in quello dell'editoria, in modo da tenermi entrambe le strade aperte. Purtroppo, in giro non trovo molto: concorsi nelle biblioteche neanche a parlarne, ho provato nelle librerie della mia città ma, con la scusa della crisi, non sono disponibili a prenderti neanche per uno stage gratuito (!!). Ho provato con una casa editrice, ovviamente non ho preteso di fare chissà che, mi sono proposta solo come correttrice di bozze, e sottolineo sempre a titolo gratuito: prima mi hanno detto che si poteva fare, poi non si sono più sentiti.

    So di essere solo agli inizi, tuttavia volevo chiederti quali prospettive vedi per un ragazzo giovane che voglia entrare in questo mondo, e quali consigli dai per iniziare. Mi sto muovendo nel modo giusto? Dovrei fare qualche corso di formazione per rendermi più appetibile? E se si, quali corsi consigli? Io conosco solo la Scuola per librai di Orvieto, e per quanto riguarda il ruolo di correttore di bozze il corso della società Oblique mi sembra serio, ma non ho informazioni definitive in questo senso. Inoltre alla casa editrice mi hanno detto che per loro conta di più l'esperienza che si acquisisce sul campo. Mi fa specie che poi ti neghino proprio quest'ultima, ma tant'è.

    Ciao e grazie in anticipo per eventuali consigli / critiche.

    Valentina

    P.S. Esiste qualche pubblicazione specializzata o qualche libro che parli del lavoro in questo campo? In particolare, sulla professione di Correttore di Bozze ho trovato solo due libri, che mi risultano entrambi fuori produzione.

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