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martedì 31 agosto 2010

Piccoli editori: andiamo avanti a parlarne?

Sono contenta che i miei due precedenti post abbiano avuto qualche riscontro. Devo dire che fare i librai diviene ogni giorno di più un esercizio di ricerca di senso. Interrogarsi su cosa si sta vendendo non è più una domanda oziosa. Straripa dalle pieghe di un disagio che, almeno per quanto mi riguarda, sta diventando ogni giorno più incontenibile. Troppo marketing, troppi conti da far quadrare, troppe legiche commerciali slegate dal senso etico di questo mestiere. Il problema della visibilità sta diventando troppo preponderante in un mondo che dovrebbe essere più portato, per sensibilità e predisposizione, ad una valorizzazione dei contenuti. Un baraccone pieno di parole vuote o, al massimo, piene di niente. Però penso anche che, come si augura Vila Matas, si riesca ad uscire dalla logica del best seller anche grazie a lettori più attenti. Forse è come parlare del sesso degli angeli, ma la gente legge quello che trova e l'editoria (nella maggior parte dei casi) anestetizza le capacità critiche. È altrettanto vero e triste che questi due elementi viaggiano in una colpevole complicità. E, come diceva la Yourcenar nel suo meraviglioso Memorie di Adriano "Non c'è niente di più volgare dei nostri complici"

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